L’articolo di Alessandro D’Avenia (La Stampa 18 /12/13), Il mito dei nativi digitali, mette a fuoco aspetti molto intriganti (e molto dibattuti) del rapporto persona-educazione-tecnologie.
Parte dall’analisi del dualismo digital natives /digital immigrants tra chi è nato dentro lo spazio-tempo delle nuove tecnologie informatiche e chi invece ci si è trovato dentro, catapultato da uno spazio-mondo totalmente diverso, i cosiddetti “coloni”, che pure si stanno giocoforza adattando a questa nuova realtà.
D’Avenia cita Prensky (2001), che ha introdotto la nuova classificazione e Rivoltella che parla di Neuromitologia ed evidenzia come, parlando di TIC, si debba sempre ricordare che di strumenti si tratta e non di mutazioni cerebrali che porterebbero i “nativi” ad avere un cervello più sviluppato e motivante.
“Le tecnologie non determinano la motivazione[ma] sono solo attivazioni di scopo…”
Concordiamo con D’Avenia che il vero mostro non è dunque la macchina e i suoi meccanismi o un cervello super, ma la mancanza di ascolto dei ritmi umani, siano essi quelli degli studenti, dei figli, di chi è accanto o intorno a noi.
Il vero mostro, aggiungo, è anche l’assoluta ignoranza, da parte dei più, del mondo della scuola e del profondo e universale valore “motivante” della professione docente. Conclude D’Avenia:
“Noi pur di non guardare in faccia il mostro, chiediamo miracoli al dio scintillante della tecnica”
Vale la pena di leggere tutto l’articolo.
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